Si inaugura la stagione di “Malipiero Concerti” che, giunta alla sua ventottesima edizione, il 27 aprile dà il via ad una serie di concerti. L’orchestra diretta da Valter Favero  presenta un programma densissimo ed emozionante nella Chiesa di S.Pietro a Fonte Alto in una vera e propria escalation che coinvolge il numerosissimo pubblico presente.

La poeticità con cui viene interpretata la Serenata di Elgar immerge in atmosfere lontane e sognanti sia nell’incipit fatto di eleganza e sospensione che nel secondo movimento in cui i tratti onirici sono un vero e proprio ricamo descrittivo. Non si può non rimanere coinvolti dall’ eleganza con cui i temi sembrano sgorgare animati da una semplice naturalezza. Allo stesso tempo la vis narrativa è sempre tenuta ai massimi livelli da un’orchestra che cura il dettaglio attraverso una musicalità sempre fresca e spontanea che non conosce cedimenti. Il finale, epilogo di una descrizione idilliaca in cui non manca quel pizzico di brio tra le parti orchestrali, sorprende per varietà timbriche. Il Concerto di Schumann per violoncello ed orchestra con solista Giuseppe Barutti ipnotizza per l’intensa interpretazione con cui il solista sa cantare a pieno l’animo poetico e passionale di Schumann. Le sonorità scelte da Barutti sono ricche di colore ed immerse pienamente nell’animo controverso di Schumann. Ci sono i momenti in cui nel primo movimento sembra prevalere il bisogno da parte dell’autore di cantare a piena voce la propria disperazione, ed è li che magicamente Barutti riesce a diventare la voce di Florestano, non mancando di impeti e immediatezza nel trasportare in una dimensione in cui l’io del singolo si confronta senza contrasti con un’orchestra sempre presente e viva. Piace il contrasto messo ben in evidenza specialmente nei momenti in cui non ci si aspetterebbe che la parola passi ad Eusebio, ed invece eccolo comparire in una ricercatezza poetica di suono e di intenzioni, plasmato come cera dal solista. La dimensione contrapposta tra le due figure diventa un giano bifronte in cui i momenti di lotta interiore vengono riportati ad un equilibrio di sonorità, è un confronto in cui prevale l’aspetto più struggente ed istintivo di Schumann. Barutti ipnotizza il suo pubblico con una partecipazione interpretativa che stupisce per la naturalezza con cui fa suo il pensiero schumanniano, senza artifizi, con una naturale immersione totale in quel mondo di contrasti. I passaggi virtuosistici vengono filtrati attraverso una sensibilità che fa pensare davvero a Schumann, tanto più nei momenti in cui vengono sopiti gli aspetti più impetuosi per lasciare spazio a parentesi in cui la bellezza sovrasta il dissidio, come se l’arte diventasse la chiave salvifica per questo autore dall’animo controverso. Le sezioni meditative si colorano di una luminosità soffusa in cui il violoncellista evoca Eusebio ed attraverso il suo mondo onirico inserisce la purezza ricercata tra le sonorità più nitide. Il Concerto di Mendelssohn in mi minore Op 64 è tracciato nell’interpretazione della violinista Miriam Dal Don con la massima chiarezza in ogni passaggio. La forza struggente dell’introduzione è sostenuta da un’orchestra pronta e vivace su cui la Dal Don si esprime con intensa partecipazione. Il lato più tenero che attraversa anche i momenti drammatici viene stemperato attraverso sonorità cristalline che non lesinano anche nei punti di massima tensione espressiva. L’idea di movimento attraversa con fluidità ogni sezione, la solista in ogni momento è presente con idee efficaci, riuscendo a sorprendere con eleganza incisiva. Il cantabile che regala al secondo movimento una vita propria è reso ancor più immateriale dalla bellezza del suono ed ogni elemento riesce a vivere di vita propria suggestionando gli ascoltatori. Il balzo che segna l’ultimo tempo attraverso la massima vivacità è carico di una freschezza su cui i fraseggi sono costruiti con eleganza. L’idea della primavera, della leggerezza e della natura sembrano avere il dominio su una partitura che prende vita attraverso un volo di rondini espresso tramite la scioltezza di una tecnica solida.

Bis con il primo tempo di Elgar, l’ Asolo Chamber è tutta cantabilità e brillantezza, pubblico che acclama con entusiasmo i solisti e l’orchestra.

Vincenza Caserta