E’ un appuntamento atteso quello del Concerto di Primavera dell’8 marzo che, come assodata consuetudine, sigla l’apertura dei Concerti per i Solisti Veneti. Un particolare anniversario  è quello che ricorre quest’anno a siglare i 65 anni di attività della ormai storica orchestra, in concomitanza con il centenario della morte di Giacomo Puccini. L’incipit del Concerto, in un Auditorium Pollini a Padova gremito fino all’ultimo posto, omaggia proprio il compositore toscano con un brano denso di forza descrittiva e capacità di sintetizzare pienamente il pensiero del compositore. L’orchestra, sotto la direzione del M°Giuliano Carella, è pienamente a suo agio ed il suono riempie immediatamente tutta la sala con una poetica magica ed avvolgente. L’Intermezzo da “Manon Lescaut”, nella rielaborazione strumentale di Chiara Mario dedicata ai Solisti Veneti, è un concentrato di emozioni a tutto tondo, tra cantabilità scure e vibranti che affidano al violoncello, alla viola ed al violino delle parti principali la vocalità  più intensa. Piace la caratterizzazione di stampo operistico dal retrogusto sinfonico che Carella imprime all’orchestra, ed anche nei momenti in cui le sonorità raggiungono il culmine, a predominare è  sempre la morbidezza  elegante che accompagna tutto il percorso, senza alcun cedimento. Il Puccini più carismatico trova ispirazione nell’ampiezza vocale, ed in alcuni momenti diventa struggente, specialmente quando il primo violino Lucio Degani lascia trapelare una sintesi tra mistero e speranza, svelando così la chiave di lettura che Carella ha delineato nell’autore. La giornata Internazionale dei Diritti della Donna non vuole soltanto omaggiare la figura femminile, ma testimoniare come la grazia e la determinazione delle donne possano contribuire in modo efficace alla ricerca del bello in un mondo talvolta inaridito. Una semplice mimosa al centro del palco e delle scarpette rosse adagiate sopra, a simboleggiare  la delicatezza e la tenacia delle donne. Con Haendel di "Vaghe perle, eletti fiori" per soprano, archi e basso continuo, la soprano Youtong Shen evidenzia con grazia una vocalità leggera e di grande ampiezza vocale mentre già l'introduzione strumentale sembra essere un invito alla danza in cui la circolarità della parte orchestrale porge delicatamente spunti assieme ad un prezioso clavicembalo che regala leziosità e brillantezza. La vocalità agile della Shen enfatizza gli arabeschi preziosi della partitura ed anche nel brano da "Agrippina" HWV 6 "Se giunge un dispetto" il carattere scherzoso dell'orchestra con il tintinnare del clavicembalo  offre briosità nell'interessante tessitura che la cantante valorizza, mantenendone lo spirito gagliardo. Il Concerto di Vivaldi in re minore Op 3 n 11 per due violini, violoncello, archi e basso continuo con Chiara Parrini ed Antonella Defrenza ai violini e Giuseppe Barutti al violoncello è animato da forme dialoganti intessute con decisione dalle soliste, sono inoltre i rapidi cambi di colore a rendere giustizia ai diversi "affetti" che si susseguono nelle sezioni, alternando contrasto e vicinanza. L'orchestra, quasi singhiozzante,  prepara poi con accortezza la cadenza in cui l'estro vivaldiano trova la sua dimensione. Il contrasto che Parrini e Defrenza rendono con scioltezza è sempre presente nella Fuga in cui  gli elementi più suggestivi del soggetto e del controsoggetto si trasformano in nostalgia e commozione, le due soliste non perdono mai spigliatezza ed espressione nella drammaticità del re minore. Incisivo il gioco di colori che nella cadenza piccarda sembra trascinare gli enigmi del primo movimento verso il visionario Largo e spiccato. Toni smorzati ed ombra di fugato anche nell'Allegro finale, mentre il serrato dialogo di Parrini e Defrenza continua in tono squisitamente narrativo. Il violoncello di Barutti enfatizza elegantemente con giochi di colore ed è trascinante nel finale. Il Concerto in si bemolle maggiore di Haendel Op 4 n.6 HWV 294 per arpa, archi e basso continuo con Carolina Coimbra all'arpa è un inno alla leggerezza in cui l'introduzione orchestrale lascia spazio alla delicatezza affidata alla solista. L'Allegro è fatto di solarità mentre un'evocazione nostalgica avvolge interamente il Larghetto unendo la ben dosata libertà espressiva con la forza coinvolgente dell'orchestra di Carella, delineando con chiarezza e fluidità ogni dialogo di partitura. Il finale Allegro moderato è trait d'union tra spensieratezza  ed espressività. Ancora Haendel per la cantante Youtong Shen con "Oh, had I Jubal's lyre" da "Joshua" HWV 64 gioiello di brillantezza vivace, contrastante con il clima dimesso di "Lascia ch'io pianga" da "Rinaldo" HWV che assume tono quasi dolente di preghiera mentre l'orchestra ha un ruolo "consolatore" nello sviluppo che lascia aperture verso nuovi orizzonti in cui la tristezza si trasforma in dolcezza. "Tornami a vagheggiar" da "Alcina" HWV 34 è antitetica all'Aria precedente per graziosa spensieratezza nel comune intento di voce ed orchestra verso un disegno composto da giochi di variazione su un tema semplice in cui gli arabeschi diventano preziosi. Mozart con il Divertimento in si bemolle maggiore KV 137 per archi è un omaggio all'Opera che si avvale del colore per trasformare la complessità in semplicità, con l'Allegro molto del secondo movimento siamo già nel pieno della narrazione musicale.  La varietà della scena musicale è viva senza lasciare mai quello slancio sorprendente che lo accomuna al Mozart delle "Nozze di Figaro". Rapidi cambi di scena e varietà nel proporre gli elementi nuovi regala rinnovata vitalità a questo Mozart dal cristallino equilibrio. Ironia e contrasto con i momenti più umbratili sorprendono gli ascoltatori, rendendo particolarmente elegante questa interpretazione da parte dei Solisti veneti. Bis generosi ed acclamati con il "Valse trolienne " di Offenbach in cui agilità e flessibilità vocale della Shen sono ancora evidenziate, segue il primo movimento del Concerto di Vivaldi Op 3 n 8 con le soliste Parrini e Defrenza, espressive e ben amalgamate con l'orchestra ed a conclusione della serata la Meditation da Thais  di Massenet in cui Lucio Degani al violino solista esalta una cantabilità sottolineata dall'arpa della Coimbra e piega la musicalità ad una dimensione quasi onirica e sognante con momenti particolarmente significativi di intensità sonora.

Vincenza Caserta