L’ormai storico Veneto Festival apre i battenti ed inaugura la Stagione del 2025 la sera del 3 giugno all’Auditorium “Pollini” di Padova. Il Festival itinerante, che aprirà le porte ad una serie di luoghi storici di rilievo architettonico ed artistico, parte da Padova, dal legame speciale che il M°Scimone ebbe con il Conservatorio, con la sua città. Il programma si presenta ricco di pagine che evidenziano la duttilità dei Solisti Veneti diretti dal M° Giuliano Carella nell’attraversare il Barocco ed il Classicismo convincendo per suono ed interpretazione. Si festeggia inoltre un anniversario importante per la spalla dell’orchestra, il violinista Lucio Degani, che suggella d’argento i venticinque anni come spalla. Il M° Carella durante la serata conferisce a Degani assieme al Presidente Vittorio Dalle Ore ed a Clementine Scimone Hoogendoorm una targa di riconoscimento per il suo operato e sottolinea come i suoi storici predecessori, tra i quali illustri violinisti del calibro di Piero Toso ed il “Premio Paganini” Marco Fornaciari, abbiano tracciato un percorso il cui testimone è stato tramandato a Degani. Il programma scelto non poteva non celebrare questo anniversario attraverso una serie di concerti che mettono in luce sia l’abilità virtuosistica che la duttilità di Lucio Degani. Tartini del Concerto in sol minore D86 per violino archi e basso continuo segna un incipit ricco di solennità da parte dell’orchestra, lasciando spazio ad una cantabilità intensa ed immediatamente virtuosistica da parte di Degani, che riesce a sottolineare con grande forza espressiva il tema rendendo gli arabeschi che caratterizzano la parte solistica un esempio di contrapposizione tra il blocco orchestrale ed il solista, con un effetto complessivamente interessante. Non sono meno ricchi di virtuosismo il Grave e l’Allegro successivi, in particolare le atmosfere del movimento lento mettono in rilievo la prontezza dell’orchestra nel saper gestire con padronanza convincente le sonorità più rarefatte, sostenendo in tal modo la cantabilità di Degani. L’Allegro finale colora attraverso i fugati scene differenti e diventa un momento idealmente collegato al tempo iniziale per intenzione musicale in cui tutto risulta essere filtrato attraverso uno spirito più leggero ma pronto ad assumere rigorosa intensità nel vertice del virtuosismo.
La Sinfonia in la maggiore di Boccherini Op 35 n°3 G 511, brano ingiustamente poco noto, rispecchia la musicalità fresca e frizzante del compositore, sintetizzando innovatività e spigliatezza. I Solisti Veneti riescono a rendere tutto lo spirito maestoso nell’insieme, ottimo risulta l’equilibrio tra le sezioni dei fiati e degli archi. Dosato in modo efficace il contrasto tra la prima e la seconda parte dell’Allegro giusto in cui le raffinatezze musicali sono sottolineate con abilità attraverso il clavicembalo di Loreggian nel dialogo tra i violini di Degani e Ligresti. Prevale un aspetto di dolcezza riflessiva nell’Andante, con una ricercatezza sonora che sfiora l’impalpabile per ritornare nell’Allegro ma non presto ad una gaia festosità interrotta da un improvviso guizzo che ha nel modo minore un interessante momento in cui il virtuosismo orchestrale viene riposto nei convincenti interventi dei soli.
Mozart si tinge di espressività nell’Adagio in mi maggiore K 261 in cui l’aspetto di ricercatezza, sia da parte del solista Degani che dell’orchestra dei Solisti, è improntato agli aspetti più interessanti di descrittività musicale, trasformando la serenità del modo maggiore al modo minore in cui la difficoltà di plasmare la materia sonora si connota di naturalezza. Il Rondò in do maggiore K 373 è in antitesi in quanto ad atmosfere rispetto all’Adagio, un Mozart che rende perfettamente la circolarità musicale assieme all’idea di variazione, lasciando al solista momenti in cui riesce ad esprimersi con un’eleganza di suono e di idee. L’orchestra riesce a creare momenti in cui la teatralità di Mozart emerge con disinvoltura, permettendo anche al solista di interpretare i vari personaggi che dialogano nel teatro mozartiano.
La celebre “Sinfonia degli Addii” di Haydn è un momento particolare del concerto: il buio della sala viene sovrastato solo dalle piccole luci che in ciascun leggio illuminano i volti dei musicisti. Il M° Carella cerca sonorità piene e coinvolgenti nell’Allegro assai delle pagine haydiniane in cui è evidenziato un turbinio costante e che per certi versi sembra preludere al famoso “tema del destino che bussa alla porta” che avrà la sua fortuna con Beethoven. Ciascuno tra gli strumenti trova un suo spazio definendo con intensità ogni momento. La rotondità di suono dei fiati conferisce morbidezza agli accenti impetuosi che Haydn inserisce. La semplicità dell’Adagio è un momento che già pare volere preludere a qualche novità sonora che apparirà invece solo nell’ultima parte del brano. Il senso di continuità graziosa viene ripercorso allo stesso modo nel Menuet Allegretto. Il Finale Presto è il brano più caratteristico di questa Sinfonia in cui piano piano tutti gli strumenti accompagnati dallo stesso tema salutano il pubblico e vanno via (richiamando il tema dell’Addio che sarà ripreso da Beethoven). Divertente il siparietto tra Ligresti e Degani, quando, con disinvoltura, la spalla dei secondi lascia la sua postazione ma viene riportata al suo posto per concludere il brano assieme al primo. La pungente ironia con cui Haydn aveva saputo sottolineare la condizione dei musicisti mal pagati era stata trasformata in musica con il progressivo restringimento dell’orchestra.
Il bis acclamato è affidato ad un emozionante “Trillo del Diavolo” di Tartini ed il pubblico può apprezzare l’abile maestria dei Solisti e di Degani.
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