Domenica 13 luglio presso la Villa di Maser il Veneto Festival presenta uno spazio dedicato all’Opera con la rappresentazione di scene buffe tratte da “Il pastor di Corinto” e “La caduta dei Decemviri” di Alessandro Scarlatti per omaggiare l’autore nel trecentesimo anno dalla sua morte.
L’ambientazione è immersa nelle campagne venete di Maser e lo sfondo che si intravede dalla Villa riesce a dare un’adatta contestualizzazione ai personaggi di Serpollo e Serpilla e poi a quelli di Servilla e Flacco.
L’incentivo che viene offerto agli ascoltatori è quello di chiudere gli occhi e ritrovarsi direttamente nel clima bucolico suggerito dal contesto della Villa storica. Il tempo capriccioso sembra mettere a rischio la realizzazione presso la parte esterna della villa ed è così che la fontana, dimenticati i suoi freschi zampilli per l’occasione, diventa palcoscenico. Le statue con maschere mitologiche che circondano la rappresentazione diventano protagoniste assolute, mimetizzandosi tra la narrazione ed i volti dei due personaggi che dominano la scena.
L’anniversario che celebra Alessandro Scarlatti si fa pretesto per proporre due parti tratte da due diverse opere che sono accomunate dal fatto di avere un serrato dialogo tra un personaggio maschile ed uno femminile, opposti tra loro e legati alla concezione latina della commedia per indole e caratteristiche. Gli elementi della commedia si intrecciano con la musica rendendo vivi i personaggi, Serpollo e Serpilla. Questi, attraverso i loro dialoghi semplici, riescono a revocare l’arcadia e la semplice ironia lontana del mondo bucolico. La semplicità gioiosa che anima l’incipit orchestrale è l’elemento ricorrente che funge da filo conduttore in quella frammentarietà che rischierebbe di essere il punto debole dell’opera. L’orchestra del Maestro Carella dosa con scioltezza i momenti animati proponendo una coerenza interpretativa che fungerà da collante tra le scene ben accompagnando l’idea del regista Aldo Tarabella. I simpatici duetti tra soprano e tenore sono incentrati su una sottile ironia che, in modo spesso velato, suggerisce i tratti distintivi di ciascun personaggio. Sembrerebbero usciti dalla penna di Plauto questi protagonisti, così ben definiti nella loro semplicità che racchiude la tipicità delle maschere che rappresentano all’interno della società. Serpilla, interpretata dal soprano Silvia Porcellini, è la giovane donna che spesso si beffeggia di Serpollo. In arie come quella in cui con scioltezza la ragazza ripete decisa “Serpollo è morto ed il morto se ne va”, si crea il momento-chiave in cui il duetto tra i due cantanti Silvia Porcellini e Giulio Iermini (nel ruolo di Serpollo), danno vita ad una serie di giochi di parole che rende divertente la contrapposizione dei due personaggi, accomunati dall’idea semplice che li fa muovere in un contesto dove predomina una natura atemporale. La brillantezza orchestrale riesce a completare con leggerezza la scena ed ancora una volta la duttilità dei Solisti Veneti rispetto al tipo di repertorio affrontato riesce a valorizzare l’intento musicale dell’autore. Se ci soffermiamo sui personaggi siamo divertiti da Serpollo, il pastorello che canta il suo amore per Serpilla attraverso una timbrica decisa, inoltre la presenza scenica dei cantanti è ravvivata dai raddoppi strumentali che enfatizzano alcuni momenti salienti. La cura prestata nella direzione da Giuliano Carella in entrambi i lavori è fondamentale per l’equilibrio ottimale tra cantanti ed orchestra, ci troviamo davanti a due opere diverse da cui sono estrapolati i personaggi cardine riuscendo a creare una sovrapposizione tra loro, quasi una specularità in cui si manifestano ironia e sagacia. L’ombra della commedia dell’arte aleggia su tutta la serata, anche nei momenti in cui l’escamotage teatrale ideato da Tarabella, attraverso l’intervento degli attori Vanda Bovo e Leonardo Rigato vivacizzando la scena attraverso parti liberamente tratte da “La Scuola delle mogli” di Molière. I soggetti scelti sono quelli della semplice vita campestre, rispondono alle caratteristiche che, aldilà della trama specifica, vengono cucite su ciascuno di essi, rendendoli universalmente riconoscibili in un tratto umano. La vita semplice, così come la semplicità dei sentimenti che rappresentano Serpollo e Serpilla, sono un riflesso dell’ambiente bucolico che pare quasi inghiottirli. Non ci troviamo davanti a personaggi complessi come quelli dell’Opera Ottocentesca, non viviamo i risvolti psicologici delle donne pucciniane, perché tutto è avvolto dal candore pastorale. In alcuni momenti è evidenziato indiscutibilmente dall’orchestra il fluido e contemplativo manifestarsi di andamenti pastorali (in particolare attraverso l’uso di oboi). In Servilia e Flacco l’incipit orchestrale è interessante nel climax del dialogo tra primo e secondo violino, attraverso spunti vivaci capaci di trasformare in forma di Giga la danza proposta. Il personaggio femminile di Servilia, interpretato dal soprano Silvia Porcellini, è meno ingenuo rispetto Servilia, mentre Flacco, interpretato dal tenore Giulio Iermini, riesce ad avere un maggiore spessore vocale rispetto Serpollo rendendo il personaggio interessante attraverso una più accurata espressività. I recitativi evidenziano ancor una volta l’eco di una commedia in cui il prototipo rappresentato corrisponde ad un preciso ruolo. Gli attori che fanno irruzione sulla scena, rapportandosi con i personaggi dell’Opera, fungono non solo da animazione inattesa, ma tingono di sottile ironia la figura femminile, descritta non come “furbetta pastorella” ma sottoposta alla supremazia maschile. Il gioco degli equivoci diventa, come da tradizione, il filo conduttore che regala al pubblico risate inattese. Il siparietto diventa simpatico quando Flacco si consulta con la coppia teatrale rivelando aspetti dei personaggi anche con riferimenti che diventano trovata vincente in cui i vini Raboso e Clinton sono equiparati alla rarità della serata musicale. Semplicità ed ironia sono dosate con il topos della commedia: la maschera, ed ecco che Pantalone e Pulcinella sono pronti a rivolgersi direttamente al pubblico ed all’orchestra.
Il travestimento è un altro immancabile ingrediente della commedia dell’arte ed ecco intersecarsi le figure delle due maschere teatrali con il costume femminile di Flacco. I protagonisti dell’Opera, sempre racchiusi in una dimensione arcadica, dipingono ritmi pastorali con una corrispondente gioiosità orchestrale e la precisione con cui il Maestro Carella affronta queste pagine riesce a sottolineare gli elementi più caratteristici attraverso slanci d’orchestra, specialmente tra le ultime arie di Flacco. Esilarante la scoperta finale del trucco. Applausi entusiasti del pubblico.
Vincenza Caserta
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