Una tradizione ormai consolidata è quella dei Concerti della domenica che, nel loro sessantesimo anniversario, vogliono celebrare ancora una volta il prezioso sodalizio artistico tra l’Orchestra dei Solisti Veneti e Vivaldi. La rassegna, che prevede un ciclo di Concerti tra ottobre e novembre, è ricca di interessanti e variegati programmi. L’idea di Scimone, rivelatasi vincente già ai suoi esordi, è viva nell’intensa partecipazione del pubblico che gremisce la sala ed il programma d’esordio vuole rinnovare l’idea di come possa essere moderna la musica Barocca.  Il progetto che i Solisti Veneti, sotto la guida del M°Giuliano Carella, hanno in cantiere tra il 2025 e 2026 prevede l’esecuzione integrale dell’Opera di Vivaldi “La Stravaganza” ed in questo Concerto d’esordio del ciclo dedicato ai Concerti della domenica viene presentato il Primo libro. La mattinata musicale viene dedicata alla memoria di un amico storico dei Solisti Veneti, Léonard Gianadda. Vivaldi riesce sempre a stupire per l’incredibile varietà narrativa in cui la simbiosi tra lo stato d’animo e la tonalità creano un prezioso arabesco di colori. Il primo Concerto in si bemolle maggiore RV 363a con violino solista Chiara Parrini è già intriso della solarità vivaldiana ed i contrasti all’interno di uno spedito primo movimento indicano già quella che sarà la sintesi discorsiva tra solista ed orchestra. Il climax che si manifesta nell’attesa del solista crea il giusto punto di sospensione prima di lasciare spazio ad un’orchestra che colora con luminosità fresca ed interessante le sfumature sonore. L’espressività del Largo è completamente immersa nel linguaggio vivaldiano che lascia alla solista preziosi elementi richiamati poi dall’orchestra con un tappeto sonoro di guida discreta nei colori. In poche battute è già chiaro il mondo di Vivaldi, pieno di tenerezza nel racconto e sorpresa creativa nel contrasto. La freschezza di scrittura è presente in un insieme di elementi frizzanti in cui il compito del solista diventa arduo per brillantezza ed efficacia. Il secondo Concerto in mi minore RV 279 con Enzo Ligresti al violino solista ha un carattere completamente diverso rispetto al precedente, creando un’atmosfera di tensione musicale in cui è affidato all’interprete un ruolo di grande slancio timbrico-espressivo capace di lasciare alla creatività dell’esecutore una dimensione di importante forza suggestiva sia nei colori che nel rendere avvincente la narrazione musicale. Ligresti padroneggia in modo convincente il linguaggio vivaldiano attraverso un dialogo estremamente equilibrato con un’orchestra che non lesina momenti di intensa espressività arricchendo e sottolineando le intenzioni del solista. Il Largo è vibrante di un’energia che lascia alla sorpresa un ruolo cardine. Il contrasto tra gli accordi singhiozzanti dell’orchestra e la cantabilità del solista diventa un magico ingrediente per mostrare un aspetto di Vivaldi tra l’introspettivo ed il contemplativo in cui le attese si fanno parte integrante della forza narrativa. Il terzo movimento sprigiona energia nelle armonie inaspettate ed esempio massimo di stravaganza, le sezioni in cui il trio tra il violino di Ligresti, il violoncello di Viero ed il clavicembalo di Loreggian intessono interessanti parentesi musicali, aprendo le porte ad una interessante lettura tra il blocco orchestrale completo ed il gruppo strumentale più ridotto. Il terzo Concerto in sol maggiore RV 301 con Luca Falasca al violino solista è un ritorno al Vivaldi dalle tinte più solari in cui l’impatto virtuosistico risulta essere in equilibrio con le sezioni in cui prevale l’aspetto più cantabile. Falasca crea un dialogo con l’orchestra lasciando trapelare spesso un interessante vivacità interpretativa che trova conferma nella solidità orchestrale dei Solisti Veneti. L’unione di aspetti lirici con una vena leggermente malinconica tinge le pagine più lente di un carattere mesto che presto riesce a ritrovare slancio nel movimento finale in un guizzo di briosità sia nel carattere che nel colore. La freschezza interpretativa è convincente nel dinamismo con cui il solista riesce a trovare il giusto equilibrio tra la parte in cui il dialogo spedito prende il sopravvento ed i momenti dalle tinte più delicate che riescono ad assumere un che di ineffabile. Il Concerto n 4 RV 357 con Marco Bronzi violino solista è dominato dal contrasto, l’alternanza di modo maggiore e minore sono resi in modo impeccabile nella ricerca di ogni colore e sfumatura da parte del solista, perfettamente seguito da parte dell’orchestra diretta da Carella. L’energico movimento iniziale è reso vivace da un’aura di fitto mistero che sembra sprigionarsi nel tema incalzante e ricco di interessanti spunti virtuosistici piuttosto insidiosi nel dialogo strumentale corale. Il Grave è ricco di una cantabilità che Bronzi trasforma quasi in preghiera meditata e profonda con un delicato procedere da parte dell’orchestra. Nell’Allegro finale si ha un nuovo impeto che ripercorre ciclicamente il percorso tracciato nel primo movimento con in più qualcosa di adrenalinico e maestoso al tempo stesso che riesce a creare spunti sempre nuovi sia per il solista che per l’orchestra. Il Concerto n 5 in la maggiore RV 347 con solista Antonella Defrenza è dominato da graziosa semplicità e spigliati dialoghi tra solista ed orchestra per un Vivaldi in cui l’equilibrio è dato dalla tensione costante tra gli elementi ed il carattere visionario ed originale. Nel Largo la Defrenza canta con grande disinvoltura ricercando una ampia linea melodica nella ricchezza del dialogo con il violoncello di Barutti ed il tocco brillante di Loreggian al clavicembalo. Dinamico e coinvolgente l’Allegro finale in cui un’orchestra vivace amplifica sapientemente le intenzioni della solista verso una briosa conclusione. Il Concerto n 6 in sol minore RV 316 a con solista Lucio Degani permette di ritrovare un Vivaldi più enigmatico in cui sono presenti ombre evidenti tra le pagine. L’inquietudine che anima il tema principale diventa una costante in tutto l’Allegro, accompagnato da ottimi spunti dal suono deciso dei violoncelli. Il sapore quasi fugato ed il vago ricordo del Concerto per due violini rende alcune sezioni particolarmente incisive. Il movimento lento assume l’aspetto di un intenso dialogo composto da frasi sussurrate con eleganza sia dal solista che nelle risposte d’orchestra. Brillante finale con incursioni virtuosistiche che evidenziano arditezze armoniche vivaldiane. Acclamato bis con il Primo tempo del Concerto per quattro violini di Vivaldi (diventati sei per l’occasione) con cui questa mattinata dedicata a Vivaldi si conclude brillantemente.